Fabrica Fluxus Art Gallery
Ha il piacere di presentare

Mutamenti”

bipersonale di Elena Rapa e Dast
a cura di Roberta Fiorito e Nico Murri

Opening Venerdì 6 Aprile, ore 19.oo
In mostra dal 6 Aprile al 10 Maggio 2012

Fabrica Fluxus Art Gallery – Via Celentano 39, Bari

La galleria d’arte Fabrica Fluxus è onorata di accogliere nei suoi spazi Dast ed Elena Rapa, due artisti dall’innegabile talento riconosciuto a livello nazionale ed internazionale. Entrambi hanno di recente collaborato e partecipato ad esposizioni e progetti con la Strychnin Gallery di Berlino e, fra le altre, la galleria Antonio Colombo di Milano con cui inoltre Elena lavora in maniera costante da qualche anno. Dast nella sua lunga carriera vanta collaborazioni con La Luz de Jesus di Los Angeles, galleria di riferimento del pop-surrealismo americano ed internazionale, oltre che con la storica galleria Mondo Bizzarro. Entrambi vedono il loro lavoro strettamente connesso al mondo dell’editoria indipendente, e non solo, collaborando e continuando tutt’oggi ad animare il fecondo mondo delle riviste della scena di ricerca italiana.

“Mutamenti” è un progetto, pensato e realizzato ad hoc dai due artisti per lo spazio barese, nato in stretta collaborazione con i curatori e con diverse personalità del mondo dell’arte e della musica.

Il vasto corpus di opere che è stato prodotto, fra carte, disegni e oli è un travolgente e mozzafiato viaggio attraverso i temi cari ai due artisti, Dast ed Elena Rapa, nonché ai topoi della storia dell’arte o potremmo dire della storia dell’uomo, temi ancestrali e assoluti che vanno dal rapporto tra uomo e uomo al suo misurarsi con l’ambiente naturale e con quello sovrannaturale. Partendo così dalla suggestione del fatidico 2012 e dal bisogno innato nell’uomo (si pensi al timore per la fine del mondo nell’anno Mille o al più recente Millennium Bug) di immaginare una fine catastrofica che coinvolga l’umanità come conseguenza di un’ipotetica rivolta della natura governata dal volere divino o a causa della sconsideratezza di chi la abita, è nata l’idea di articolare questa serie di suggerimenti in quattro grandi “capitoli”.

“Anima e Corpo”. Il confronto qui è con il tema “classico” dei vizi e delle virtù, di Eros e Thanatos. Si passa poi a “Mutazioni”, il tema delle stagioni, quello del tempo e del suo trascorrere, dei corsi e ricorsi, per poi riflettere sull’idea di catastrofe, ed eccoci dunque nel cuore pulsante dell’apocalisse con “L’Ira funesta” e, concludendo, con l’inaspettato, l’immaginato e la possibile rinascita, approdando così su “Nuovi Mondi”.

In occasione dell’inaugurazione verrà presentato e sarà disponibile in edizione deluxe il libro “Mutamenti”, interamente autoprodotto, che raccoglie tutti i lavori in mostra e non solo. Non è esattamente un catalogo, non è solo un semplice libro illustrato ma un’opera multimediale che fonde immagini (Dast, Elena Rapa ed un “cameo” di Manuel Pablo Pace) testi (Giovanni Cervi, Dorian X, Andrea Grieco, Alessandro Papa) e musica (Mombu – Luca T. Mai degli Zu e Antonio Zitarelli dei Neo) con una colonna sonora realizzata appositamente per l’occasione. Un piccolo scrigno che racchiude un lavoro a 10 menti e 20 mani da ammirare, leggere e  ascoltare.

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ANIMA E CORPO
“Anima e Corpo” 

Anima e Corpo, oppure Eros e Psyche, oppure Eros e Thanatos? E’ così importante distinguere tra Anima, Psyche, o Thanatos? E’ veramente necessario chiarire le differenze che corrono tra il Corpo “fisico” e l’Eros “emotivo” in un ambito artistico che potrebbe essere classificato nel reparto stagno del Surreale?
Un vero artista proverà sempre orrore nell’essere etichettato e catalogato genericamente, nonostante sia costretto ad accettarlo dall’impero del marketing. Se però analizziamo sistematicamente il surreale e l’enigmatico insito nell’opera di un artista, il fenomeno (che per ragioni di convenienza sintetizzeremo in: Mistero), non sarà affatto rivelato (o “spiegato” agli analfabeti come un tempo si faceva con la Bibbia), bensì defraudato e ancora peggio snaturato. Un Mistero rimane tale, finché salva la sua indicibile totalità, altrimenti non è niente. Il Mistero appartiene al linguaggio del Mythos e non può essere confuso, tanto meno rivelato attraverso il linguaggio del Logos.
E’ vero che nell’universo nulla accade “per caso” e tutto ha una ragione di essere, ma chi ha stabilito che il significato dei fenomeni debba essere interpretato attraverso un linguaggio logico, oggi volgarizzato e impropriamente abusato? L’essere umano è forse un animale esclusivamente razionale? La meraviglia dell’intendere mitico è tale che al cospetto di un Mistero può comprendere innumerevoli interpretazioni, tutte esatte eppure discutibili. Ciò che veramente importa è la trasmissione sensibile che si connette direttamente al nostro immaginario psichico, il linguaggio dell’Anima. Quell’Anima che non ha nulla a che fare con la concezione della stessa secondo l’etica cattolico-cristiana, ma si rapporta all’animale = anima, le cui antenne percettive sono rappresentate dalle corna di Dioniso o di Pan, il “Tutto” universale, mezzo animale e mezzo umano, da cui proviene persino il concetto di Panico. Non è una novità che il disagio, anzi il terrore provocato dall’incomprensibile, costringa il debole a razionalizzare l’oggetto del proprio disagio, snaturandolo, o come si preferiva in un recente passato, condannandolo al rogo.
Potremmo distinguere la concezione classica di Eros e Psyche (l’anima-le dionisiaco) dalla più moderna concezione di Eros e Thanatos, che raggiunse il suo apice nel corso del Romanticismo. In quest’ultimo caso l’Eros s’identificava ordinariamente con il Corpo, quella fragile, corruttibile “carne”, quella “carne” schiava delle proprie pulsioni primordiali (i famigerati bassi istinti), che perciò doveva essere punita attraverso lo specchio della Morte. L’orrenda Morte aveva il compito di rammentare alla carne la sua peccaminosa vanità. Cenere sei, cenere diventerai, terribile monito di cui si servivano i potenti per condizionare le vivaci potenzialità di artisti e poeti.
Nessuno può negare che la passionalità e la bellezza della carne siano destinate alla Morte. Però, in quanti altri modi si può interpretare la condizione umana, oltre quelli inculcati dall’ordine morale stabilito dai potenti negli ultimi duemila anni in Occidente?
Mille pagine non basterebbero ad argomentare esaurientemente il tema al titolo di questo capitolo: Anima e Corpo. Si deve però considerare che si tratta di un libro illustrato dagli artisti Elena Rapa e Dast, quindi sarà opportuno limitarci a suggerire alcuni spunti preliminari di riflessione, senza avere la pretesa di giudicare le opere.
Prendiamo ad esempio un bianco e nero di Dast, intitolato “Esiste una misura nel conflitto”. L’artista raffigura una donna alata che sorregge i piatti di una bilancia. Probabilmente, a molti, la figura ricorderà la personificazione della Giustizia, ma perché non identificarla con l’archetipo della dea egizia, madre e regina: Mwt, la dea avvoltoio? Alle origini del linguaggio, il fonema MWT corrispondeva a tre significati fondamentali: Avvoltoio – Madre – Morte. (Avendo oggi perduto l’immagine simbolica dell’avvoltoio, converrà ricordare che in tempi remoti questo saprofago era considerato un veicolo “utero”, che s’ingozzava di carne morta per trasferirla in cielo e quì rigenerarla in altra dimensione, attraverso un parto soprannaturale)
Si diceva che la figura alata esibisce sui piatti della bilancia una testa animale decollata (Eros/Corpo) ed un cervello (Psyche).  L’immagine evoca una caratteristica rappresentazione tantrica della coppia divina in “yah – yum”; più prosaicamente, per intenderci, la rappresentazione del dio e della dea avvinti durante la copula. Questa rappresentazione squisitamente ideale, tra l’altro simboleggia quello che in Occidente viene definito il Big Bang, il punto di congiunzione da cui tutto ebbe inizio e nel quale tutto tornerà alla fine. dei tempi per essere riassorbito e quindi rigenerato in una nuova era. Significativo il fatto che nel corso di questo atto divino, la dea (il principio femminile) stringa tra le mani un coltello, con il quale recide ogni resistenza al mutare degli eventi. E una calotta cranica divelta, contenente un cervello umano ancora intriso di sangue fumante. Il significato di quest’ultimo simbolo è inequivocabile. Il cranio aperto e il cervello fumante rappresentano l’estasi. L’estasi conseguente alla divina congiunzione dei principi maschile e femminile, di contenuto e contenente, l’estasi del corpo e dell’anima, l’estasi della creazione successiva alla distruzione, l’estasi che consente la liberazione dalla Morte, accettandola quale manifestazione della Vita e viceversa. Nulla è assoluto e statico nell’universo, quindi, ogni contrasto attuato contro l’inarrestabile evolversi della Manifestazione crea dolore. L’azione è Vita e Vita è Conoscenza ed Esperienza.
A questo proposito, sono esemplari le opere di Elena Rapa, che si evolvono come in un racconto a partire dal “confronto” tra Corpo e Anima. in cui il primo, quasi diffidente, osserva perplesso la seconda, informe e ammaliatrice, certamente sicura di se. Poi, l’omino nella bara, accarezzato, quasi cullato da altra “cosa” informe, che nelle intenzioni dell’artista probabilmente raffigura l’Anima, tuttavia evocatrice di quell’inesprimibile grembo celeste che assicura una quiete futura al di là del Tempo e dello Spazio. In Elena Rapa il confronto Eros/Thanatos si affranca da qualsiasi turbamento preconcetto; in lei non c’è angoscia, non c’è terrore. L’artista è contemplativa; saggiamente si limita a vivere la mutevole Manifestazione per quello che è, lasciandosi esaltare dal purissimo seme dell’infinito, che le cade sul viso come rugiada da una dimensione superiore.
Confortiamoci prendendo atto che ad un artista è tuttora impossibile reprimere in sé l’energia sopra menzionata. Consciamente o inconsciamente, compreso od incompreso, l’artista non può fare a meno di liberare una simile eredità sovrumana. Come in una rappresentazione di Elena Rapa, tanta energia esplode dal suo corpo infantile e si eleva crescendo in forme arboree misteriose, verso un infinito consolatorio, ma solo per chi conserva il vizio sublime di apprezzarlo.

Dorian X
(Modenini)


Elena Rapa
Respiri I
tecnica mista su carta, 22×30 cm, 2011
Elena Rapa
Respiri II
tecnica mista su carta, 22×30 cm, 2011
Elena Rapa
Respiri III
tecnica mista su carta, 22×30 cm, 2011
Elena Rapa
Guardami
tecnica mista su carta, 30×42 cm, 2011
Elena Rapa
Respiri
tecnica mista su tela, 50×50 cm, 2012
Dast
Chi cerca trova
21×29,7 cm, china su carta, 2011
Dast
Chi per soddisfar se stesso
preferisce mangiare il pesce piccolo
21×29,7 cm, china su carta, 2011
Dast
Esiste una misura nel conflitto
21×29,7 cm, china su carta, 2011
Dast
Il vizio che si radica
sulla presunzione di essere umani

42×30 cm, olio su carta, 2011
Dast
La purezza della tentazione
40×50 cm, olio su tela, 2011

MUTAZIONI
“Touched by the hand of God” 

Tutte le culture sono nate da narrazioni di visionari, di toccati dalla mano di Dio, di mutati e mutanti. La mutazione, per essere davvero tale, deve essere ereditaria. In genetica alcune mutazioni possono rendere le cellule maligne. In un essere umano adulto ogni giorno muoiono dai 50 ai 100 miliardi di cellule. In un anno la massa delle cellule ricambiate è pari alla massa del corpo stesso.
Ma in un organismo, non tutte le cellule hanno la stessa durata di vita: in un corpo umano le cellule della pelle vivono in media 20 giorni, quelle dell’intestino 7 giorni, i globuli rossi 120 giorni, quelli bianchi 2 giorni e le cellule neuronali e muscolari per tutta la vita.La tradizione orale è una costante e continua mutazione, spesso rielaborata attraverso altri codici simbolici, l’imitazione o la sperimentazione.
Alcune di queste decodifiche sono maligne, hanno portato la regressione del “DNA” trasmesso e, più in generale, l’appiattimento culturale.La mutazione rientra in uno scenario di probabilità, è prevista e prevedibile (in quanto possibile).
Forse sarebbe più corretto definirla uno scatto evolutivo, un incontro casuale di diversi elementi, esistenti e soggetti a regole, che porta a qualcosa di inconsueto, magari sconosciuto all’intelletto umano, ma che rientra comunque nelle leggi naturali. Tutte le culture hanno avuto Araldi il cui compito era mostrare, e tentare di spiegare, al mondo queste accelerazioni evolutive. Compito che oggi spetta agli artisti, spalancatori di porte, interruttori neuronali, gameti visionari.
Elena Rapa e Dast sono stati toccati dalla mano di Dio. Mostrano al prossimo ciò che sta nel retro delle nostra vite; collaborando con sette volte sette realtà artistiche diverse, trasmettendo la loro umiltà, la voglia di comunicare e l’etica creativa. Oggi si chiama networking selettivo, ieri dedizione e voglia di condivisione.Sono cellule impazzite portatrici di sguardi su ciò che gli altri non vedono.Alfieri di evoluzioni in modo esponenziale, una pura energia che si espande come una ragnatela.

 Giovanni Cervi

Elena Rapa
La prima stagione
tecnica mista su carta, 22×30 cm, 2011
Elena Rapa
La seconda stagione
tecnica mista su carta, 22×30 cm, 2012
Elena Rapa
La terza stagione
tecnica mista su carta, 22×30 cm, 2011
Elena Rapa
Il ponte
tecnica mista su carta, 30×42 cm, 2012
Elena Rapa
La prima stagione dal “trittico della vita”
tecnica mista su legno, 22×22 cm, 2012
Dast
Come una barca gira in tondo
in cerca del capo del mondo
21×29,7 cm, china su carta, 2011
Dast
La vita che nasce dal sangue del cielo
21x 29,7 cm, china su carta, 2011
Dast
Tu sia benedetta o madre
del mio destino infame
21×29,7 cm, china su carta, 2011
Dast
L’infinito amore per la ciclicità
e del percorso ellittico della mia anima
42 x 30  cm, olio su carta, 2011
Dast
L’evolversi circolare degli eventi
50x 60 cm, olio su tela, 2012

L’IRA FUNESTA
“Teofanie Neopop e (pre)Visioni Apocalittiche” 

Con l’aggettivazione pop-surrealista si è enucleato, specie negli ultimi lustri, una straordinaria mole di autori, quantità di stili e disparati universi immaginifici, così accomunati da una definizione suggestiva, che nondimeno ha esaurito la propria carica semantica svuotando di senso specifico quanto con essa si è denotato. Termine dalla paternità e sostanza oltreoceanica, spesso conferito con criminosa arbitrarietà, il Pop-surrealismo ha avuto quantomeno il merito, in arte, di abbattere l’ennesima cateratta di interdizioni del raffigurabile, eleggendo a statuto di icone soggetti, forme e personaggi afferenti ad ambiti erroneamente considerati meno “nobili” quali il cinema, i cartoon, il fumetto, l’universo video-ludico e l’oggettistica merceologica in primis. Di fatto un gesto che conduce, se non a compimento, ad ulteriori sviluppi, principi e assunti già warholiani, ma congeniti alle idiosincrasie, alle inquietudini e derive della contemporaneità.
Un nuovo pantheon, cangiante di forme e colori, in cui possono convivere santi e supereroi, filosofi e alieni, esemplarità anatomica e sfrenata mutazione. Un sistema articolato di influenze e sensibilità che dà corpo e ragione del patrimonio schizoide alimentato dalla congerie propria dell’umana creatività e speculazione.
Conseguenza logica che anche le fattezze psicotroniche e gli squillanti cromatismi del new-pop non sfuggano al tentativo, vano e atavico, di concretizzare visivamente l’anelito esiziale e autodistruttivo insito nella nostra specie. E che l’estinzione venga sostanziata da teorie millenariste o ammantata con dottrine escatologiche poco importa, la scomparsa antropica rimane il desiderio inconscio, la fantasia inconfessata di ciascun individuo. Un miraggio masochistico che serpeggia nell’animo, un tumore annidato tra le informazioni genetiche del patrimonio umano, un  virus messo in coltura nelle pagine dei letterati, negli affreschi e nelle tele dei pittori, un morbo di cui si fanno aedi Dast ed Elena Rapa, fautori di mondi apparentemente fittizi, in realtà declinazioni disincantate e feroci delle quotidiane contingenze. Artisti, e quindi visionari e mistificatori per antonomasia, che proiettano il proprio sguardo in dimensioni figurativamente turbolenti costringendoci ad esperire paesaggi, pulsioni e verità che, se non fosse per il favore estetico che li connota, condurrebbero alla vertigine e alla pazzia.
Psicopompo d’eccellenza, Dast mappa con risolutezza un infero panorama in cui si dipana un’allegoria mefitica disvelante le categorie istituzionali che fanno da fondamento al perbenismo sociale. Opere in cui l’ordinamento spaziale opta per la compressione dell’orizzonte, come se i cieli,  annuvolati, stellati o infuocati che siano, fossero perennemente in procinto di collassare sulla superficie su cui si agitano creature miserrime che giocano gli imperituri  ruoli di vittima e carnefice, pio e peccatore, umano e mostruoso, tutti indistintamente dannati. Quella di Dast è una rappresentazione della perdizione senza possibilità di redenzione, una pantomima horror inscenata in un moderno “giardino delle delizie” trasfigurato in “torture garden”, girone dantesco o prosaico camposanto. Ambienti in cui sovrana è l’eraclitea discordia, spazio d’azione condiviso da una flora che reclama una fertilità negata, da una zoologia deforme e dalle reminiscenze mitologiche, costellato da un’araldica del dolore, un universo dal soffio biblico, soltanto scevro dal piglio morale della cristianità e pervaso dalla pietas che perviene a una genuina blasfemia, per accorgersi di esser già passati per un giudizio universale al momento della nascita
Ulteriore dimensione sovra-reale, di carattere onirico e derivazione lisergica, è quella che erompe dai disegni e dipinti di Elena Rapa, che all’attitudine apocalittica di Dast giustappone sospensioni archetipiche, simbolizzazioni arcane, inquietanti rimozioni, epifanie di intimità devastate, maligni umori fiabeschi . Nel tratto dell’artista, qualsivoglia sia il mezzo e la tecnica impiegata, la valenza scopica viene eretta regina, come se i bulbi oculari si svincolassero, sovente alla lettera, dalle cavità del cranio godendo di un’allucinata indipendenza che consente loro di penetrare e alterare tutto quanto ha l’ardire di cadere sotto il loro campo ottico. Una menomazione generante un cono d’ombra che eclissa e fagocita la natura fenomenica per restituirla sotto forma di delirio incantato. Un mondo esperito in stato ipnagogico, in cui si affacciano con la stessa suadente inquietudine creature teromorfe, tuberi senzienti e mirabilia androgine che si muovono per campi disseminati di escrescenze falliche e muliebri crepacci. Un vortice al quale o ci si abbandona restando in ascolto del brulichio che risuona da ogni anfratto, o si tenta un moto ascensionale ed estatico, ma soltanto per accorgersi di essere votati al fallimento, o ancora ridestarsi e dissolversi al sole come dei “non morti”.
Ad attraversare sintomaticamente le opere di entrambi gli autori è la forma fluida, che dagli inchiostri, dalle tempere e dai pigmenti si riversa nei rigagnoli e nelle paludi chete di lava, nei fiumi stige e nei mari insidiati dalle sirene cornute di Dast, fino a precipitare giù nelle impalpabili rapide di Elena Rapa. Acqua e sangue come umori linfatici, materie secrete che corrompono e inquinano anziché mondare e purificare, tali da provocare sconvolgimenti emotivi e catastrofi dell’immaginario come solo i cataclismi testamentari.

 Andrea Grieco


Elena Rapa
Lacrime d’adDio
tecnica mista su carta, 22×30 cm, 2011
Elena Rapa
L’adDio
tecnica mista su carta, 22×30 cm, 2011
Elena Rapa
Viaggio d’adDio
tecnica mista su carta, 22×30 cm, 2011
Elena Rapa
L’adDio
tecnica mista su carta, 30×42 cm, 2012
Elena Rapa
Lost in space
tecnica mista su tela, 50×50 cm, 2012
Dast
In ginocchio osservati dal passato
21×29,7 cm, china su carta, 2011
Dast
La frusta, che faccia più male
all’anima o al corpo

21x 29,7 cm, china su carta, 2011
Dast
Tutti dentro
21 x 29,7 cm, china su carta, 2011
Dast
Incontro la tua luce in me
42 x 30  cm, olio su carta, 2011
Dast
Accettare la sconfitta rende liberi
40 x 50 cm, olio su tela 2011

NUOVI MONDI
“Il Nuovo Inizio” 

Da dove viene l’irresistibile voglia di Apocalisse di Dast e Rapa? La risposta è in questo capitolo… Non si tratta di un desiderio di distruzione puramente satanico, negativo o nichilista, al contrario. Perché la fine significa nel contempo un nuovo inizio.
Diverse religioni, tradizioni e leggende descrivono il tempo in modo ciclico, secondo un processo involutivo in quattro fasi. Sono i quattro Yuga della religione indù e le quattro età della tradizione greco-romana: età dell’oro, dell’argento, del bronzo e del ferro. Il periodo che stiamo vivendo corrisponde al Kali-Yuga, l’età del ferro, e viene definito perfettamente dalla tradizione nordico-norrena come “Ragnarök” (oscuramento degli Dei). Il Kali-Yuga finirà solo con l’Apocalisse, a cui seguirà una nuova età dell’oro.
Negli ultimi decenni, rivelazioni apocalittiche si sono diffuse negli ambienti più svariati. Charles Manson avrebbe profetizzato una guerra razziale devastante, dove gli unici superstiti sarebbero stati lui e la sua “Famiglia”, che si sarebbero salvati nascondendosi in una caverna nella valle della morte chiamata “il pozzo del diavolo”. Usciti da lì, avrebbero trovato un nuovo mondo.
Molto più vicina alla spirito artistico di Dast e Rapa è la visione di un oscuro culto degli anni Sessanta e Settanta, “The Process – Church of the Final Judgement”. Secondo The Process “Cristo e Satana elimineranno il loro conflitto e verranno insieme per la Fine: Cristo per giudicare, Satana per eseguire il giudizio. Puro amore disceso dalla sommità del paradiso unito al puro odio salito dall’abisso dell’inferno”. A quel punto, i membri di The Process sarebbero stati 144.000, le 144.000 anime che sopravvivranno nella gloria del nuovo inizio, come indicato dal quarto versetto del settimo capitolo dell’Apocalisse di Giovanni. The Process vedeva il mondo che li circondava come il regno delle “forze grigie”, che avevano creato una società dominata dalla mediocrità, dall’ignoranza e dal conformismo. L’unica speranza di rinnovamento era naturalmente l’Apocalisse, che avrebbe fatto tabula rasa di tutto, dando origine al nuovo inizio.
Le opere di Dast e Rapa sono popolate da anime melanconiche ed emarginate che, come i membri di The Process, non si riconoscono nella realtà e nella società che li circonda, perché sentono di vivere in un mondo che non è il loro. Ma in questo disagio permane sempre un punto fermo, che mantiene alto lo spirito e saldo il cuore. E’la certezza del nuovo inizio, di una rinascita e di un rinnovamento (anche interiore), che viene espressa dagli artisti nelle opere con proliferazioni di mammelle o che grondano latte.
In quella nuova età, come scrisse il poeta greco antico Esiodo, la vita sarà “simile a quella degli Dei” e vi sarà “un’eterna giovinezza di forze”.

Alessandro Papa


Elena Rapa
Germinazione I
tecnica mista su carta, 22×30 cm, 2011
Elena Rapa
Germinazione II
tecnica mista su carta, 22×30 cm, 2011
Elena Rapa
Germinazione III
tecnica mista su carta, 22×30 cm, 2011
Elena Rapa
Happy days
tecnica mista su carta, 30×42 cm, 2012
Elena Rapa
Una splendida sorpresa
tecnica mista su tela, 50×50 cm, 2012
Dast
Il custode del fuoco sacro
21x 29,7 cm, china su carta, 2011
Dast
Il nuovo simile al vecchio
21x 29,7 cm, china su carta, 2011
Dast
Rinascere dalle ceneri
21x 29,7 cm, china su carta, 2011
Dast
L’estasi della rinascita
21x 29,7 cm, china su carta, 2011
Dast
Il latte fresco che sgorga
dal cuore redento

50x 60 cm, olio su tela, 2012

EPILOGO

Elena Rapa
Arbor Vitae
tecnica mista su tela, 100×100 cm, 2012
Dast
Una nuova sacra famiglia
100 x 100 cm, olio su tela, 2012

Biografie

 

Elena Rapa – ritratto di Manuel Pablo Pace Dast – ritratto di Manuel Pablo Pace
Elena Rapa nasce a Fano il 31 ottobre del 1978. Dopo gli studi presso il Liceo Pedagogico frequenta per due anni l’Accademia di Belle Arti a Macerata diplomandosi poi a Roma. Infine consegue con il Biennio specialistico a Urbino l’abilitazione all’insegnamento come docente di Disegno Geometrico e Storia dell’arte.
Ha esposto in varie gallerie italiane , tra cui Galleria Cannaviello, Galleria Antonio Colombo di Milano con cui attualmente collabora, Dorothy Circus Gallery e Mondo Bizzarro di Roma, Ortobotanix di Bassano del Grappa, Fabrica Fluxus Art Gallery di Bari, e in mostre pubbliche quali Arte Italiana presso Palazzo Reale di Milano, Allarmi a Como , Biennale di Praga e Italian Newbrow presso Pinacoteca di Palazzo Volpi a Como entrambe a cura di Ivan Quaroni. Ha inoltre esposto e tenuto laboratori didattici presso il Museo Laboratorio di Città Sant’Angelo diretto da Enzo De Leonibus.
Ha pubblicato illustrazioni in Antropoide, Lamette, CollettivoMensa, Puck!, Bubka e altre riviste della scena di ricerca italiana ed anche su XL, Link, CronacaVera.
E’ presente nel libro Laboratorio Italia, nuove tendenze in pittura di Ivan Quaroni – Editore Jhoan e Levi e sempre dello stesso Italian Newbrow, edito da Giancarlo Politi Editore e Pop Up! Arte contemporanea nello spazio urbano di Panini Editore. Nel 2011 pubblica nello Split Martin-Rapa in Antropoide 10 a cura di Andrea Grieco e Storie Inutili – 3 racconti (brevi) d’amore, di vita e di morte con sceneggiatura di Luca Scornaienchi per Tempesta Editore.
Ha collaborato per quattro anni presso Piscina Comunale di Milano alla Fanzine di illustrazione e fumetto Graffa.
Attualmente vive nelle Marche e collabora ad un nuovo progetto di fanzine Mr.Mango Piccole Trilogie alla frutta.
Link: www.elenarapa.blogspot.i
Dast (Danilo Strulato) nasce nel 1966 a Thiene in provincia di Vicenza.Dopo gli studi accademici, si dedica all’autoproduzione editoriale collaborando con Stefano Zattera e la Delirio comm. Nel frattempo è presente in diverse realtà internazionali tra le quali possiamo citare: Malefact-Usa, Panik-Usa, Stripburger-Slo, Interzona-Ita.
Partecipa nel 1998 all’iniziativa “Subway” con AlterVox tenutasi nella metropolitana di Milano, ed è presente con una mostra personale a Lucca Comix.
Nello stesso anno comincia la duratura collaborazione con la Mondo Bizzarro Gallery con il volume “Horrorgasmo”, con la personale “The hell inside me” nel 2001, e nel 2003 con il volume “Mater Universalis”. Sempre nel 2003 con le sue tele sarà presente alla collettiva “Italian Pulp” alla Luz de Jesus Gallery di Los Angeles, tempio del Pop Surrealismo internazionale.
Nel 2005 partecipa alla storica collettiva “Apocalypse Painting” alla Mondo Bizzarro Gallery e nel 2009 al “14th Anniversary Group Show”; nello stesso anno sempre presso la M.B.G. è stata allestita una retrospettiva dal titolo “Danze macabre”.
Del 2009 è anche la realizzazione delle illustrazioni per il volume scritto da A. Grieco “State Lontani” Grrrzetic ed. Attualmente collabora con diverse realtà, dall’editoria alla street art e saltuariamente con le gallerie La Luz De Jesus Gallery, Gestalt Gallery, Antonio Colombo Arte Contemporanea, Fabrica Fluxus Art Gallery.
Link: www.dastgallery.com
 

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