D.R.E.A.M.Y
Paola Sala Solo ArtShow
a cura di Nico Murri e Roberta Fiorito
Sabato 16 Aprile
Ore 19.00
Via Celentano 39, Bari
In mostra dal 16 Aprile sino al 10 Maggio 2011
La galleria d’arte Fabrica Fluxus continua con il suo percorso “Nuove Visioni”, ciclo di mostre personali dedicate a percorsi artistici iper contemporanei, presentando questa volta i lavori di Paola Sala. Artista comasca classe ’76 si diploma in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Dal 1996 si occupa di pittura e di illustrazione. Il suo percorso pittorico è costellato da diverse mostre personali e collettive presso, fra le altre, la galleria Limited No Art (Mi), RoomArteContemporanea (Mi), AMT gallery di Como, Paolo Maria Deanesi Gallery (Rovereto), La Luz De Jesus (Los Angeles, USA), Galerie Davide Di Maggio (Berlino)…Nel suo curriculm di illustratrice diversi premi, collaborazioni con case editrici fra cui la Mondadori e diverse pubblicazioni fra le quali ILLUSTRATORI ITALIANI ANNUAL 2006 e 2007 presentati a Bologna in occasione della Fiera del libro.
D.R.E.A.M.Y raccoglie l’ultima produzione dell’artista. Sono ritratti femminili conturbanti in cui troviamo tutte le caratteristiche del sentire contemporaneo, un percorso ibrido e contaminato da spunti iconografici che vanno dalla pittura fiamminga, al barocco, alle tematiche del corpo femminile, con toni che spaziano dal fiabesco al drammatico all’ironico, in un mix affascinate, seduttivo e perturbante tipico di questa nostra società postglobale. Bizzarre, oniriche, crepuscolari, dalla natura enigmatica le fanciulle di Paola Sala sono portatrici di uno stile minuzioso e sofisticato, di una tecnica meticolosa e classica quanto poetica e coinvolgente. Questa nuova cosmogonia a cui l’autrice da vita è leggera e vaporosa, costellata da frammenti di miti e leggende fusi con memorie, oscure e sinistre visioni tratte dalla più spietata quotidianità. Ogni opera è la tessera di un racconto aperto, di una narrazione frammentaria e delirante in cui il lato “nero” della società contemporanea viene rappresentato attraverso il filtro dell’ironia, dell’ambiguità, del paradosso.
D.R.E.A.M.Y.
Eroine di un racconto post-apocalittico, le creature di Paola Sala, esili ibridazioni tra bambole manga e spiriti boschivi, popolano da sempre l’immaginazione dell’artista comasca ed ingenuamente mostrano le nudità ai nostri occhi. Narrano di un tempo parallelo che scorre indolente intorno a paesaggi bucolici, e si condensa in cieli polverosi, sospesi su una probabile ambientazione arcadica, e dall’ammiccante richiamo a Van Goyen, Oudry e Giorgione. Evidenti sono i riferimenti alla pittura barocca da cui la Sala trae palesemente sia la componente iconografica, che la sapienza tecnica. Il processo creativo è lungo e scandito in più momenti, in cui una velatura di colore segue e si sovrappone all’altra fino a raggiungere il perfetto equilibrio cromatico, una composta simbiosi tra la tela, l’olio e l’oro. Questi ritratti dal legnoso sapore settecentesco sono trasognate istantanee che provengono da un metodico studio compiuto fin dai primi anni di attività dell’arte nord-europea, durante i quali l’artista riempie il suo bagaglio delle diafane visioni della pittura fiamminga, con la sua minuziosa rappresentazione della realtà e il suo non sempre svelato simbolismo, e di quella barocca maggiormente presente nei suoi ultimi lavori. Sebbene la manifattura ed il gusto della sua produzione siano un evidente atto di devozione agli stilemi della tradizione classica, i dipinti di Paola Sala mostrano però espliciti riferimenti alle culture contemporanee: dalla grafica fumettistica dei manga giapponesi, alle ironiche rappresentazioni ludiche del pop-surrealism e del low-brow. La pelle nivea e la sproporzione tra le teste e gli arti lunghi e affusolati ricordano i personaggi di Ray Ceasar e Mark Ryden. Alcune espressioni citano addirittura Yoshitomo Nara e Kathie Olivas. Queste entità al limite della deformazione caricaturale e dai corpi espressi in esili forme ovali, sono esseri dalle fattezze angeliche e dagli sguardi liquidi, persi in un orizzonte lontanissimo, ninfe immortalate nelle remote regioni del sogno. Compiono gesti semplici, come antichi rituali magici per invocare il passaggio delle stagioni o per cambiare direzione al vento. Ma si atteggiano anche in posture più tipiche del nostro tempo. Come nella serie “Casting”, in cui l’artista pone le sue lattiginose creature davanti ad un obiettivo fotografico, facendole posare per un improbabile provino in cui, lungi dallo scegliere la più “adatta” al ruolo, si riflette piuttosto sul concetto di ripetizione dell’immagine, mai uguale a sè stessa, ma in continua mutazione e fuga dalla staticità. Quasi un esercizio di stile nel quale, con un sottile gioco ironico, l’attezione rimbalza dalle espressioni austere dei soggetti al buffo dettaglio del foruncolo sui loro volti. Minimi ma fondamentali sono i dettagli, non totalmenti comprensibili al primo sguardo, ma che aprono a molteplici interpretazioni. Spille, monili e piccoli oggetti sparsi per la scena, insieme a indumenti ed accessori di incerto accostamento, contribuiscono a rendere il ruolo di queste fanciulle in costante ridefinizione. Collane di perle, come animate da uno spirito vitale, fuoriescono dai loro nasi, dagli occhi e dalle bocche, forse un simbolo di intima purezza o magari metafore dell’anima opalescente che governa e manovra i loro corpi. Ed è proprio il corpo femminile il fulcro della ricerca artistica e semantica di Paola Sala. Un corpo che presta la propria bellezza al gioco, spesso violento, dell’esibizione, e risponde ad esso con un’ironia disarmante. E così un occhio tumefatto, o un livido bluastro sulla pelle diventano “incidenti domestici”, segni di una violenza che si vuole dissimulare, e si tenta di annullare con la spudoratezza di un sorriso sardonico. E allora nei sei dipinti di “Casting”, la tela assume quasi una connotazione televisiva, uno strumento di tortura mediatica in cui le bambine s’improvvisano aspiranti “modelle”, ognuna clone di sé stessa. Ma il pathos nei loro occhi ci disorienta e quello stupido brufolo, così fuori luogo ma ossessivo e prepotente, ci conforta. Ninfe, sante, vittime, innocenti e peccatrici, le donne di Paola Sala si ibernano nella tela per sopravvivere alle mode, agli stereotipi e alle corruzioni del nostro tempo, per librarsi leggere in un empireo fiabesco inviolato. Sembra quasi di sentire l’echeggiare delle loro voci, moderne sirene di una mitologia di nuova concezione.
Nico Murri
Roberta Fiorito
Marzo 2011
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