Casa di Bambola – Azusa Itagaki solo show

A cura di Claudia Attimonelli – Allestimento di Alessandro Bucci

25 novembre > 5 dicembre 2011

Opening: 25 novembre – h 19.00

“Quando avevo 3 anni i miei genitori mi regalarono una casa di bambole. La amavo perché era il posto dove le mie bambole potevano continuare a vivere da sole quando non potevo essere con loro, circondate dai loro effetti personali, i loro amici, le cose che erano loro care, invece di essere solo messe a dormire in una scatola di scarpe sotto il mio letto”.

Così, Azusa Itagaki, fotografa, filmmaker e performance artist giapponese, trapiantata a Stoccolma, presenta il suo lavoro. “Casa di Bambola” è una ricerca artistica su sei collezionisti di Real Dolls, ovvero di bambole in silicone, da non confondere con le ben più famose bambole gonfiabili, note come Sex Dolls. Le bambole di lusso in silicone hanno fatto la loro comparsa sulla scena americana negli anni Novanta, pubblicizzate come le bambole più realistiche al mondo, e spesso vengono chiamate anche Love Dolls.

Il progetto di Itagaki è iniziato nell’inverno 2010, in Giappone, in seguito alla visione di Air Doll di Hirokazu Koreeda che ha incuriosito la fotografa: “Non sapevo ci fosse in realtà un’intera comunità di Love Dolls sparsa in tutto il mondo così ho iniziato a contattare gli utenti delle community online”. Lo stesso stupore di fronte all’immaginario sconosciuto delle Love/Real Dolls coglie il visitatore di questa mostra, poco o quasi nulla si conosce dell’universo di amatori di bambole realistiche. Oltre alla naturale funzione pornoerotica di queste bambole, a renderle sorprendenti è la loro aura che le colloca al confine tra l’oggetto inanimato e la donna in carne ed ossa.

La mostra barese, curata da Claudia Attimonelli ed allestita da Alessandro Bucci, è il primo atto in esclusiva internazionale per Fabrica Fluxus, di esposizione del materiale raccolto e prodotto dall’artista giapponese per questo progetto in fieri. Un’anteprima del lavoro è stata presentata a Stoccolma, attuale città di Azusa Itagaki, presso la galleria Swop:Art nel giugno scorso. La personale presentata a Fabrica Fluxus si compone di quasi 30 foto e 2 docu-video, inseriti in un ambiente domestico all’interno del quale il visitatore si muove come se stesse attraversando la casa di uno dei collezionisti di Love Dolls ritratti dalla fotografa. Il titolo della mostra, infatti, palese citazione della celebre opera del drammaturgo scandinavo Henrik Ibsen, “Casa di Bambola”(1879) ricentra il discorso di ricerca artistica di Azusa Itagaki proprio intorno alla dimensione erotica del quotidiano. Il suo sguardo artistico e al contempo analitico su questo fenomeno illumina una sfera oscura della sociologia dell’erotismo, dove il processo feticistico sembra reversibile: “Nell’interazione e nella collaborazione con il proprietario della bambola, io stessa divengo performer, divengo una bambola, con tutto il retaggio legato alle questioni dell’identità e dell’immaginario in quanto donna giapponese”, spiega l’artista, che compare a sua volta nelle vesti di una bambola nell’immagine scelta per l’affinche della mostra, così come in uno dei video esposti. Nei suoi scatti, infatti, è presente tanto la Love Doll quanto il suo proprietario all’interno della propria abitazione, occupato in attività quotidiane, come mettere a letto la bambola, sistemarle i capelli e il vestito, trasportarla da un luogo ad un altro della casa, e, perfino, riceverla al suo primo ingresso “into the doll’s house” nella scatola che la contiene.

Mai prima di Azusa Itagaki si era indagato tale universo sotto i suoi molteplici aspetti: il business milionario – per una bambola nuova si arriva a pagare anche 6.000/10.000 dollari, una usata costa circa 4.000 dollari; industrie tra loro anche assai diversificate – ci sono aziende specializzate nel creare bambole simili ad icone dello showbiz oppure aziende che forniscono prodotti completamente customizzati: donna alta, bassa, magra, formosa, bianca, nera, orientale etc., e infine clienti-collezionisti sparsi in tutto il mondo e un mercato dell’usato anch’esso di notevoli dimensioni. Un universo erotico che viaggia in rete attraverso forum, social network e piattaforme in cui i collezionisti si scambiano idee, pareri, foto e commenti.

L’inaugurazione avverrà alla presenza dell’artista, Azusa Itagaki.

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“When I was three years old, my parents gave me a dollhouse as a gift. I loved it. It was the place where my dolls could continue living on their own when I couldn’t be with them, surrounded by their belongings, their friends, the things that were dear to them, instead of being put asleep in a shoebox under my bed.”

This is how Azusa Itagaki (photographer, filmmaker and performance artist from Japan) presents her work. “Inside the DollHouse” is an artistic research on six collectors of real Dolls, that is to say silicon dolls. These should not be confused with better known inflatable dolls, known as Sex Dolls. The high-end silicon dolls appeared on the american scene in the 90s,  advertized as the world’s finest dolls and they are often referred to as Love Dolls.

Itagaki’s project started in winter 2010 in Japan, after viewing Hirokazu Koreeda’s Air Doll. “ I had no idea that a whole community of Love Dolls existed, spread throughout the whole world. So I started contacting the users of online communities.” Amazement of the same kind, in front of the unknown imaginary of the Love Dolls, is what the visitor of this exhibition is going to experiment: very little, or almost nothing is known about the universe of doll lovers. Beyond these dolls’ natural porno-erotic function, what makes them so surprising is an aura that collocates them on the border between inanimate  object and a real woman.

The Bari Exhibition, curated by Claudia Attimonelli and Alessandro Bucci, is the first attempt to exhibit the material which has been produced and gathered by the Japanese artist for this still in progress project; an international exclusive for Fabrica Fluxus Art Gallery.  An overview has been presented in Stockholm, where Azusa Itagaki lives now, at the Swop:Art gallery last June. The solo art show presented at Fabrica Fluxus offers 30 photographs and 2 documentary videos, within a homely environment within which the visitor can move as he were walking in the house of one of the collectors that have been portrayed by Itagaki. As a matter of fact, the title of the exhibition, overt reference to Henrik Ibsen’s masterpiece (A doll’s house, 1879) shows Azusa Itagaki’s interest for the erotic dimension of everyday life. Her gaze on the phenomenon, artistic and analytic at the same time, sheds light on a obscure area of the sociology of erotism, in which the fetishistic process seems reversible: “in interacting and collaborating with the owner of the doll, I myself become a performer, I become a doll, with all the issues of identity background and imaginary as a Japanese woman,” the artist explains. She even appears “in the shoes” of a doll in the photograph which has been chosen as this exhibition’s poster as well as in one of the due videos. Her shots portrays both the Love Doll and the collector within his home, while he is busy in everyday activities, such as putting the doll in bed, combing her hair, dressing her,  moving her from a place to another and even receiving her at her first arrival into the “dollhouse”, in the box that contains her.

Never before Azusa Itagaki this universe had been investigated under its multiple aspects: the huge business – a new doll can cost between 6000 and 10000 dollars, a second hand doll can cost 4000 dollars; very diverse industries – some factories are specialized in creating dolls that take inspiration from icons of the showbiz, others provide customized products:  tall, short, thin, white, black, oriental, etc., women, and customers-collectors spread throughout the world and a second hand market of outstanding dimensions. An erotic universe that travels online, through forums, social networks and platforms, on which collectors can exchange ideas, opinions, photos and comments.

The inauguration will take place at the presence of the artist, Azusa Itagaki.

L’artista Azusa Itagaki è fotografa, filmmaker e performance artist giapponese. Nata a Tokyo, si è trasferita in Svezia all’età di 19 anni. Attualmente sta completando il corso di studi specialistico in “Fashion Studies” (Modevetenskap) presso il Centro di Studi sulla Moda dell’Università di Stoccolma. I suoi interessi accademici ruotano attorno alla produzione di realtà alternative attraverso processi di reificazione di corpi e transumanizzazione di oggetti. Nel suo lavoro combina il ruolo di fotografa documentarista e quello di ricercatrice, stabilendo un rapporto altamente interattivo con ciò che costituisce l’oggetto del suo studio.

La curatrice Claudia Attimonelli è docente di Cinema, fotografia e televisione all’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, dove si occupa di antropologie della contemporaneità e di media studies esercitando la sua ricerca anche attraverso collaborazioni con gallerie e progetti legati all’arte ultracontemporanea.

Il set designer Alessandro Bucci, collaboratore di Azusa Itagaki per questo progetto, vive a Stoccolma dove si occupa di fashion theory e body culture, di fenomeni di costume e cultura inglese.

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The artist, Azusa Itagaki is a Japanese photographer, filmmaker and performance artist. Born in Tokyo, she moved to Sweden when she was 19 years old. She is not completing her studies in “Fashion Studies” (Modevetenskap) at the Centre for Fashion Studies at Stockholm University. She investigates she production of alternative realities through processes of reification of bodies and transhumanisation of objects. In her work she combines the roles of documentary photographer and researcher, establishing an highly interactive relation with the objects of her study.

The curator, Claudia Attimonelli, teaches “Cinema, photography and television” at Bari “Aldo Moro” University, where she researches on contemporary anthropologies and media studies. Her research is also developed through collaboration with galleries and projects that deal with ultracontemporary art.

The set designer Alessandro Bucci collaborates with Azusa Itagaki for this project. He lives in Stockholm where he deals with fashion theory and body culture, with English culture.

Info:
Sito web: fabricafluxus.com
Orari: lunedì: 17.30-20.30 – dal martedì al sabato 11.30-13.30/17.30-20.30

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Intervista di Azusa Itagaki

«Quando avevo 3 anni i miei genitori mi regalarono una casa di bambole. La amavo perché era il posto dove le mie bambole potevano continuare a vivere da sole quando non potevo essere con loro, circondate dai loro effetti personali, i loro amici, le cose che erano loro care, invece di essere solo messe a dormire in una scatola di scarpe sotto il mio letto”. Mi ricordo che mia madre mi chiamava “la mia bambolina giapponese”, e mi tagliava sempre i capelli proprio come le bambole tradizionali giapponesi. Giocare con le bambole era davvero la mia routine fino a quando sono diventata adolescente; ho passato ore e ore, ogni fine settimana, a cucire vestiti per le mie piccole amiche. Col passare degli anni, ho scoperto che c’erano vere case di bambole , dove bambole reali (real dolls) vivevano e continuavano a giocare al gioco della vita. Ho preso parte al loro gioco, ho visitato le case di bambola e preso in prestito i loro abiti e i loro trucchi. Ero circondata da bambole, dai loro effetti, amici e cose a loro care, proprio come facevano nella mia mente quando ero piccola».

“I collezionisti le adoperano in modi molto diversi: come manichini da vestire-svestire-rivestire, allestendo interi guardaroba di abiti nuovi e usati a seconda del feticismo investito sulla bambola, come soggetti fotografici o come compagne di vita” (Attimonelli, POOL Magazine 2011).
“Il processo feticistico è qui reversibile: al cospetto delle sue fotografie non si assiste unicamente alla reificazione del corpo femminile, di per sé, in questo caso, nato già oggetto-bambola, bensì alla frankensteiniana transumanizzazione della cosa assemblata a cui dare il soffio vitale. L’obiettivo si sposta, dunque, dalla bambola al proprietario – ritratto accanto alla sua amata in una dimensione quotidiana e domestica, quasi routinaria. Le fotografie di Azusa Itagaki, infatti, restituiscono al mondo l’intimità ludica, pornoerotica e al contempo tragica e mortifera della contaminazione fra l’umano e l’inorganico. La bellezza cadaverica di queste creature esplode e prende forma nel sussulto della carne di chi le adora e le dona, così, tracce, frammenti, odori, umori vivi. Il visitatore-voyeur guarda le foto di Azusa Itagaki come se spiasse dalla finestra la vita dei collezionisti e, pur dinnanzi ad immagini che colgono un istante privato e apparentemente banale, scopre la morbosità più totale che trascende tale forma di feticismo (Attimonelli, POOL Magazine 2011)”.

 

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